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27/03/2025

Il primo giorno: la lezione dell'umiltà

Un inizio inaspettato
Il primo giorno di lavoro porta con sé aspettative, ansie e una certa dose di entusiasmo.
Nel mio caso, fu tutto spazzato via da un approccio totalmente diverso da quello che avevo immaginato.
Nessun briefing formale, nessuna introduzione ai processi aziendali: siamo usciti direttamente "sul campo".
La mia zona era un quartiere direzionale della città, con grandi palazzi residenziali e molti uffici. Un luogo ricco di opportunità, mi dissero. Il collega che mi affiancava, un veterano del settore, sembrava sicuro di sé.

La prima "lezione" sul lavoro fu chiara e diretta: suonare campanelli per entrare nei palazzi e distribuire volantini anonimi. Sul foglio si leggeva:
“CERCO APPARTAMENTO IN QUESTO PALAZZO ANCHE DA RISTRUTTURARE - NO AGENZIE”

Nessun logo, nessun riferimento all’agenzia. Incuriosito, chiesi il motivo. La risposta fu spiazzante:
“Se vedono che sei di un’agenzia, non ti chiama nessuno. Così, almeno, pensano che sei
un privato e ti rispondono.”
Confuso ma deciso a osservare, seguii il collega nel primo palazzo. Iniziammo a bussare a tutte le porte, e lui, con una naturalezza disarmante, ripeteva una cantilena ormai collaudata:
“Buongiorno, sono Davide della ‘Immobiliare Pinco Pallino’.
Stiamo cercando un appartamento in vendita per alcuni nostri clienti. Lei o qualcuno che conosce nel palazzo ha intenzione di vendere?”

Un lavoro fatto di faccia tosta
Il mio ruolo quella mattina fu silenzioso: osservavo. Il collega, con una combinazione di intraprendenza e faccia tosta, si infilava in conversazioni improvvisate, cercando di carpire informazioni utili. Io, però, faticavo a comprendere il senso di tutto questo.
Dentro di me, un pensiero si faceva sempre più forte:
“Con un diploma da geometra, una laurea, un corso di specializzazione in lingue negli Stati Uniti, ora sono qui a bussare alle porte? Ma cosa sto facendo?”
La mattinata passò rapidamente, tra qualche promessa vaga e tanti rifiuti.
Tornati in ufficio, però, mi resi conto che il vero lavoro iniziava lì.
Le informazioni raccolte dovevano essere sviluppate: trovare i proprietari degli appartamenti e contattarli direttamente. Se non avevamo il numero di telefono, si ricorreva alla vecchia guida telefonica, un reperto di un’altra epoca, ma ancora efficace.

Il microcosmo dell’ufficio
L’ufficio era un luogo caotico, ma affascinante nella sua frenesia.
Alla mia sinistra, un ragazzo più giovane di me; alla destra, un architetto con qualche anno in più; di fronte, un coetaneo figlio d’arte, cresciuto in una famiglia di agenti immobiliari.
Al centro di tutto, una segretaria dal piglio deciso che smistava le chiamate con precisione chirurgica. Il responsabile, impegnato in riunioni per tutta la mattinata, ancora non l’avevo incontrato. Intorno a me, gli altri agenti erano immersi nelle loro chiamate, ognuno alla ricerca del tanto agognato premio: un appuntamento con un potenziale venditore.

Riflessioni di metà giornata
Tornato a casa per pranzo, evitai di raccontare troppo ai miei genitori. C’era una sorta di vergogna nel descrivere la mia mattinata: un lavoro così distante dalle mie ambizioni e dai miei studi. Mangiai velocemente, poi crollai sul divano per una siesta.
Mi svegliai mezz’ora dopo, confuso ma con una nuova consapevolezza che iniziava a farsi strada.
Guidando verso l’ufficio, il mio sguardo vagava tra i palazzi della città, mentre nella mia testa si faceva largo un pensiero semplice ma potente:
“Devo cambiare atteggiamento. Devo smettere di sentirmi superiore e iniziare ad imparare.”
Mi resi conto che il problema non era il lavoro, né i metodi. Il problema ero io: la mia arroganza, la mia presunzione, quella corazza di orgoglio che mi impediva di vedere le cose con umiltà.

Una lezione preziosa
Quel pomeriggio, tornai in ufficio con uno spirito diverso. Decisi di osservare, imparare, e soprattutto abbandonare i pregiudizi. Ogni lavoro ha una sua dignità e richiede impegno, metodo e dedizione. Anche bussare ai campanelli poteva insegnarmi qualcosa, se solo fossi stato disposto a imparare.
Quella giornata, che inizialmente avevo vissuto come una delusione, si rivelò una lezione fondamentale: per crescere, bisogna avere il coraggio di mettere da parte l’orgoglio e aprirsi al cambiamento.

E tu, quando hai capito che per crescere davvero dovevi prima cambiare il tuo atteggiamento?


Roberto Coccoli - Rea 572995

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